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Manlio Dinucci: Chi ci minaccia veramente?

23/03/2016

Come si fa a giustificare la guerra se non c’è un nemico che ci minaccia? Semplice, basta inventarlo o fabbricarlo. Ce lo insegna il generale Philip Breedlove, il capo del Comando europeo degli Stati uniti che sta per passare a un altro generale Usa il bastone di Comandante supremo alleato in Europa.

Nella sua ultima audizione al Pentagono, avverte che «ad Est l’Europa ha di fronte una Russia risorgente e aggressiva, la quale pone una minaccia esistenziale a lungo termine».

Capovolge in tal modo la realtà: la nuova guerra fredda in Europa, contraria agli interessi della Russia, è stata provocata col putsch di piazza Maidan dalla strategia Usa/Nato, che continua ad alimentare le tensioni per giustificare il crescente spiegamento di forze nell’Europa orientale.

In Ucraina, è stato costituito un Comando congiunto multinazionale per l’addestramento «fino al 2020» delle forze armate e dei battaglioni neonazisti della Guardia nazionale, di cui si occupano centinaia di istruttori della 173a Divisione Usa trasferiti da Vicenza, affiancati da britannici e canadesi.

Il Comando europeo degli Stati uniti, sottolinea Breedlove, lavora con gli alleati per «contrastare la Russia e prepararsi al conflitto se necessario».

A Sud, avverte il Comandante supremo alleato in Europa, «l’Europa ha di fronte la sfida della migrazione di massa provocata dal crollo e dalla instabilità di interi Stati, e dell’Isis che si diffonde come un cancro minacciando le nazioni europee». Sostiene quindi che «l’intervento della Russia in Siria ha complicato il problema, poiché ha fatto poco per contrastare l’Isis e molto per sostenere il regime di Assad».

Capovolge di nuovo la realtà: sono stati Usa e Nato a provocare con la guerra il crollo dello Stato libico e l’instabilità di quello siriano, e la conseguente migrazione di massa, favorendo la formazione dell’Isis funzionale alla loro strategia, che hanno finto di combattere, mentre l’intervento russo in Siria a sostegno delle forze governative ha duramente colpito l’Isis facendolo arretrare.

Ora che la Russia, conseguito il primo obiettivo, ridimensiona il suo impegno in Siria, la Nato sotto comando Usa estende la sua presenza militare in Medio Oriente.

Il 29 febbraio, il segretario generale della Nato Stoltenberg ha firmato col Kuwait un accordo che permette di creare il primo scalo aeroportuale della Alleanza atlantica nel Golfo, sia per la guerra in Afghanistan, sia per «la cooperazione della Nato col Kuwait e altri partner», soprattutto l’Arabia Saudita sostenuta dal Pentagono nella guerra che fa strage di civili nello Yemen.

Il 2 marzo, ad Abu Dhabi, Stolternberg ha rafforzato la «cooperazione con gli Emirati Arabi Uniti per affrontare le comuni sfide alla sicurezza».

Il 17 marzo, ha ricevuto a Bruxelles re Abdullah II, per rafforzare la  «partnership» della Nato con la Giordania».

Il 18 marzo, ha ricevuto Al Zayani, segretario generale del Consiglio di cooperazione del Golfo (Arabia Saudita, Bahrain, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Oman, Qatar), per «approfondire la cooperazione tra le due organizzazioni».

In Africa – mentre si prepara l’operazione che, con la motivazione di liberarle dall’Isis, mira a occupare le zone della Libia economicamente e strategicamente più importanti – è in corso dal Senegal al Golfo di Guinea l’esercitazione Obangame/Saharan Express, cui partecipano in funzione «antiterrorismo e antipirateria», forze navali di Usa, Europa, Africa e anche Brasile.

Diretta dal quartier generale di Napoli delle U.S. Naval Forces Europe-Africa, la cui missione è «promuovere gli interessi nazionali Usa, la sicurezza e stabilità in Europa e Africa».

Il Manifesto, 22 marzo 2016

 

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